venerdì 2 gennaio 2015

La prigionia in Austria di mio padre nella guerra 1915-'18

Diprima Giuseppe
mio padre prigioniero
in Austria nella guerra 1915-1918.

Diprima Giuseppe di Stefano e di Montalto Monella Calogera, nato a Sutera il 4 ottobre 1898.
Partecipò alla prima grande guerra 1915-1918. Fu chiamato alle armi il 1 marzo 1917 (aveva 18 anni e 5mesi) e finì il servizio militare il 1 luglio 1920 (aveva  20 anni e 9 mesi).
Combatté sulle Alpi da mitragliere.
Fu fatto prigioniero e portato nel campo di concentramento a presso Gratz
La vita nel campo di concentramento fu tremenda sia per la dura disciplina sia per fame (era una fortuna trovare una vecchia scarpa da masticare).
Mio padre mi raccontava che ogni giorno i prigionieri erano schierati in un grande spiazzo. Un ufficiale austriaco gridava dei nomi di prigionieri e questi dovevano fare un passo avanti e l’ufficiale  assegnava loro una punizione. La più grave consisteva nell’essere legati  fortemente ad uno dei pali di ferro situati nello spiazzo. Bisognava stare con la testa alta e sotto il mento veniva posta una baionetta. I più puniti in genere erano i russi.
Ricordo ancora due strofe della canzone che i nostri prigionieri cantavano di nascosto e che mio padre spesso cantava a Sutera e volle che l’imparassi:

Finalmente è finita la guerra
che l’Europa ha ben dissanguata.
Siam tornati all’italica terra,
terminato è il nostro soffrir.

Pace, pace tu hai schiuso la via
Per tornare al suolo d’Italia,
Tu ci hai tolto a quella canaglia
Che tanto tempo ci ha fatto languir.

Austriaci  vil  razza  dannata,
gente infame vile e senza cuore,
vendicaste l’Italia e il valore
col martirio dei suoi prigionieri.

Per otto giorni ci daste un sol pane,
con un rangio da rifiutar i cani,
siete stati con noi disumani
per voi l’odio sempre sarà.

Al lavoro ci avete portato
peggio ancora di schiavi venduti,
a piedi scalzi, affamati, abbattuti
senza aver compassione e pietà.

Innocenti ci avete puniti
con i ferri, col palo e prigione,
di vigliacchi non che paragone
far soffrire così i prigionier.

Ed il palo martirio crudele,
con le mani di dietro legate,
sulla punta dei piedi sollevati,
per due ore durava il martir.

Abbiam visto, ne una sol volta,
trecento russi al palo maledetto,
baionette puntate sul petto,
chi si muove ferito sarà.

Assassini di bassa galera
austriaci feroci e bestiali,
ci trattaste al par di animali,
maledetta sì razza brutal.
                                  
                                   Cara patria abbiam fatto ritorno,
                       bella Italia, civil nazione,
                       e dell’Austria la fame e il bastone

                       i tuoi figli non soffrono più.

Un giorno mentre tutti i prigionieri del campo erano schierati, venne chiamato: Giuseppe Diprima. Mio padre, tremando fece un passo avanti. Un ufficiale austriaco lo rassicurò che non si trattava di una punizione e lo condusse nell’ufficio del comandante del campo dove era anche presente un alto ufficiale medico austriaco, il barone Purgstall, proprietario di un castello a Feldbach (vedi in calce la foto) e padre di una ragazza diciottenne la baronessa Olga. Il barone Purgstall aveva ottenuto dalle superiori autorità di prelevare dal campo di concentramento un prigioniero di buon carattere e di portarselo al castello per proteggere la baronessina Olga.
Era la fine delle sofferenze. Nel Castello di Feldbach fu presentato alla baronessa, gli fu assegnata una stanzetta posta al primo piano e situata sopra quella della ragazza. La sera stessa l’ufficiale medico partì e mio padre rimase con la ragazza che era in grado di difendersi perché sapeva usare bene un fucile.
Dopo la cena mio padre salì nella sua stanza. La ragazza chiuse la sua porta, vi mise dietro tutti i mobili che potè spostare e si coricò mettendosi nel letto il fucile carico.[1]
Ma non riusciva a dormire perché sentiva che mio padre camminava nella sua stanza. Poi lo sentì scendere per la scala e bussare alla sua porta. Non volendo mostrare paura, la ragazza aprì di poco la porta e gli chiese qualcosa. Mio padre attraverso la fessura della porta le porse una catenina d’oro con una medaglia della Madonna[2]. La ragazza capì  che mio padre le chiedeva di non avere paura e glie lo stava giurando sulla Madonna. Aprì la porta lo fece entrare, chiese il suo aiuto per mettere i mobili al loro posto.
Cominciò così un rapporto di grande fiducia che consentì anche a mio padre di portare qualcosa da mangiare ai prigionieri suoi amici rimasti nel campo.
Qualche volta mio padre e la baronessa andavano a caccia.  Molti anni dopo, la baronessa ormai vecchia, mi raccontò che una  volta lei, andata a caccia con mio padre, uccise un daino e mio padre se lo caricò sulle spalle ed attraversò Feldbach cantando l’inno nazionale italiano mentre lei lo pregava di smettere: “Giuseppe non cantare il tuo inno nazionale, potrebbero arrestarti”. A ricordo di quella battuta di caccia, la baronessa si fece costruire una spilla d’argento con incastonato un dente del daino. La spilla mi è stata, poi,  regalata dalla baronessa ed è fotografata più sotto.
Da Feldbach mio padre ha potuto mandare, tramite la Croce Rossa, della posta alla sua famiglia in Sicilia. La posta in arrivo dall’Austria veniva revisionata a Palermo da un gruppo di militari tra cui era il fratello maggiore, Onofrio, di mio padre che aggiungeva anche la sua firma e faceva proseguire la lettera per Sutera.
Mio padre tornò dall’Austria in Italia e nel marzo 1920 ha ricevuto una lettera della baronessa  Olga che riporto di seguito.




[1] Tutto ciò mi è stato raccontato dalla baronessa che il sono andato a trovare dopo tantissimi anni.
[2] Era la catenina che mia nonna gli aveva messo al collo all’atto di partire per la guerra sperando che la Madonna lo protegesse.
1920 Lettera della baronessa Olga a Giuseppe Diprima pag. 1

1920 Lettera della baronessa Olga a Giuseppe Diprima pag. 2

Spilla in argento con i denti del daino ucciso dalla baronessa Olga

 Castello di Beldbach


Da sinistra: Mia moglie Lillina Randazzo e la baronessa Olga Pulgstall a Feldbach nel 1969

Da sinistra: Mia moglie Lillina Randazzo, la baronessa Olga Pulgstall, Stefano Diprima ed Hasi Salmieri a Feldbach nel 1969

Da sinistra: Stefano Diprima e la baronessa Olga Pulgstall a Feldbach nel 1969

Da sinistra: Mia moglie Lillina Randazzo, la baronessa Olga Pulgstall ed Hasi Salmieri a Feldbach nel 1969

Da sinistra: Mia moglie Lillina Randazzo l'ing. Pasquale Salmieri, la baronessa Olga Pulgstall, Stefano Diprima ed Hasi Salmieri a Feldbach  nel 1969

La baronessa Olga Pulgstall a Feldbach nel 1969

Da sinistra: Stefano Diprima, mia moglie Lillina Randazzo e la baronessa Olga Pulgstall a Feldbach nel 1969